IL SITO DI CLAUDIO TONELLI
L’allegria della vita
Ero indaffarato ma calmo. Il mio corpo non lasciava trasparire nessuna tensione nervosa. Solo un leggero sorriso sul mio volto e una soave cantilena identificavano il mio stato d'animo.
Sereno e allegro.
Le valigie erano aperte, una era destinataria dei vestiti, l'altra avrebbe preso in consegna l'attrezzatura subacquea.
Avevo già catalogato ogni cosa, calzini nell'angolo, pantaloni lunghi piegati a metà sotto quelli corti, magliette leggere sopra quelle pesanti, lenti a contatto nelle apposite tasche laterali, giacca a vento, penne e un block notes.
Presi la muta da 5 millimetri per le immersioni, la piegai con un po' di fatica e la sistemai con cura. Le pinne le misi ai lati così da creare una barriera rigida dentro la quale inserire i calzari, i guanti, il coltello, l'erogatore, il computer, e al di sopra di tutto, come un coperchio, il jacket.
Mi sedetti sul divano e guardai con soddisfazione le due valigie. In alto sulla sinistra sopra la libreria c'era un orologio in alabastro. Le lancette nere delle ore e dei minuti risaltavano il rosso porpora del contasecondi. Erano le 23,35. Mancavano ancora 5 ore.
Chiamai mio fratello. Ci volle qualche secondo prima che rispondesse. Sempre allegro e sorridente mi disse che stava lottando accanitamente contro le valigie e i vestiti nella speranza di una celere e gloriosa vittoria. Anche lui, come me, era eccitato da questa vacanza, breve, ma che, sicuramente, avremmo vissuto intensamente.
Mi congedai da mio fratello ricordandogli il luogo dell'appuntamento in aeroporto.
Non avevo sonno.
Il mio sguardo cadde sulla muta in neoprene. C'era un segno di color marrone che correva per quasi tutta la coscia sinistra. Non era molto bello ma ero contento di averlo. Aveva un significato di conquista, di avventura.
Relitto del Paguro. Una piattaforma per l'estrazione del gas metano esplose intorno agli anni 60 al largo del mare Adriatico, tra Ravenna e Rimini. Ci furono morti e feriti. Ora questa massa di ferro giace sul fondo del mare come un enorme animale in letargo ed è meta di escursioni dei sub. Così, il mio grande compagno e amico cioè mio fratello, ed io, decidemmo di far parte anche noi di coloro che avrebbero annoverato questo relitto tra le loro esperienze sottomarine.
Ci immergemmo assieme ad altre 12 persone. Già a 9 metri la sagoma scura e silenziosa prendeva forma sotto di noi, mentre il respiro si affievoliva per limitare il rumore, un misto di stupore e di rispetto per una tecnologia raffinata che, nel suo triste epilogo, trascinò con sé dei coraggiosi lavoratori. L'acqua stranamente era limpida e potevo così ammirare questa potente struttura adagiata sul fondo. Nelle lamiere il potente corso della natura si faceva notare, coprendole di alghe e di fango. Stelle marine, Occhiate, Donzelle e altri pesci, facevano da contorno alla nostra esperienza. Anche alcuni Scorfani si divertivano a giocare a nascondino con noi e fu proprio per seguire uno di questi pesci che non mi accorsi che sopra di me la struttura formava dei piccoli quadrati. Diedi una bella capocciata e strisciai la mia coscia sinistra contro un lungo tubo di ferro arruginito e mentre mi giravo toccandomi la testa, vidi mio fratello immerso in una miriade di bolle: stava ridendo! Aveva visto l'intera scena che gli aveva scatenato una sonora (meglio silenziosa) risata.
La nostra guida ci informò che tempo addietro furono registrati dei cedimenti e quindi ci dovemmo accontentare di girare intorno alla piattaforma senza entrare al suo interno.
Poi la visibilità cominciò ad attenuarsi ed a -16 metri mi sembrava di stare in mezzo alla Pianura Padana in una giornata di inverno: nebbia anche sott'acqua. Un muro bianco di sospensione melmosa ci impedì di proseguire la nostra avventura e dopo aver fatto un giro sopra ciò che rimaneva della base per l'atterraggio degli elicotteri, risalimmo in superficie.
La sveglia suonò potente.
Balzai in piedi, feci un mezzo giro intorno a me stesso e mi guardai intorno.
Mi ero addormentato. Mi stiracchiai con soddisfazione emettendo un sibilo di gioia.
Chiusi le valigie con il lucchetto e andai in bagno per una veloce rinfrescata.
Chiamai il taxi che attesi davanti al portone di casa. Era una bella mattina fresca. L'alba spingeva per mostrarsi, ma il blu della notte, aiutato dalle stelle, cercava di resistere.
Arrivai all'aeroporto puntuale così come puntuale fu mio fratello. Un abbraccio e un caldo saluto. I nostri occhi lucidi per la contentezza parlavano più di tante parole.
Qualcuno chiamò il nostro volo.
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